Proprio nella saletta d’ingresso del MILS si trova un quadro di controllo con tre orologi, tutti sincronizzati sulla stessa ora. E’ un quadro elettrico che aveva la funzione di regolare tutti gli orologi installati nella stazione delle Ferrovie Nord di Piazzale Cadorna a Milano. I circuiti elettrici di due dei tre “orologi standard“ regolavano gli orologi dei marciapiedi e dell’atrio d’ingresso nella stazione mentre il circuito del terzo orologio controllava gli orologi del sovrastante edificio della Direzione.
Il quadro era installato nell’ufficio del Capostazione. A fianco dello stesso c’era un orologio a pendolo di precisione collegato al quadro di controllo attraverso un ingranaggio il cui dente ogni 30 secondi permetteva l’invio di un impulso di corrente ai tre circuiti del quadro. L’ intensità di corrente di ognuno dei tre circuiti era regolata da interruttori-reostati in base al numero di orologi che quel circuito alimentava.
I tre orologi del quadro ovviamente dovevano essere sincronizzati; in caso di piccole variazioni queste venivano costantemente corrette da appositi pulsanti posti nella parte bassa del quadro. Il Capo Impianto si occupava di tale incombenza cosi come di quella della regolazione del pendolo a seconda delle temperature di stagione
Il quadro di controllo fu realizzato dall’ Officina di costruzione elettromeccanica di precisione Ing.S. Belotti & C. di Milano (piazza Trento 8).
La datazione è incerta (intorno al 1950). Era iun’epoca in cui gli orologi potevano già essere regolati mediante segnali elettrici.
Prima, quando si era agli albori del trasporto ferroviario, i sistemi usati erano “meno automatici”.

L’importanza dell’ora esatta in ferrovia

In ferrovia la precisione dell’ora é di vitale importanza; da essa dipende la sicurezza della circolazione dei treni. Tutto deve fare riferimento a un’ora esatta.
Si ricorda ancora come più di cento anni fa (il 19 Aprile del 1891) a Kipton in America il guasto dell’orologio del conduttore di un treno postale provocò un grave disastro ferroviario; le lancette si fermarono per quattro minuti per poi riprendere il movimento. Il ritardo causò lo scontro fra due treni e la morte di ben undici persone.


In Italia il primo decreto relativo alla regolazione dell’ora nelle Ferrovie risale al lontano 1866 (Regio Decreto 3224 del 22 Settembre 1866 di Re Vittorio Emanuele II);  in esso si prescriveva che “il servizio dei convogli nelle ferrovie, quello dei telegrafi, delle poste, delle messaggerie e dei piroscafi postali nelle Provincie Continentali del Regno d’Italia” fosse sincronizzato e regolato col “tempo medio di Roma”. Circa 30 anni dopo un altro Regio Decreto (R.D. del 10 Agosto 1893 n°490 di Re Umberto 1°) prevedeva la regolazione secondo il tempo solare medio del meridiano situato a 15 gradi ad est di Greenwich, denominato “tempo dell’Europa Centrale”.

La sincronizzazione degli orologi delle varie stazioni

Non appena le ferrovie furono dotate di telegrafo, la sincronizzazione degli orologi di tutte le stazioni fu fatta trasmettendo in contemporanea via telegrafo l’ora esatta dalla sede compartimentale che a sua volta la riceveva via radio ad orari ben precisi durante la giornata e a ogni turno di servizio.
Dove invece mancavano i sistemi telegrafici la distribuzione dell’ora alle stazioni, alle fermate, ai posti di sorveglianza dei passaggi a livello era effettuata con una speciale chiave di chiamata dell’impianto telefonico. Alla trasmissione del segnale orario provvedeva ad ogni turno il Dirigente Unico dopo la ricezione del telegramma dalla sede compartimentale.

Gli orologi del personale viaggiante venivano sincronizzati con quelli delle stazioni durante le fermate del treno.

Da metà ‘800 fino agli anni ’20 del XX secolo a fornire gli orologi alle Ferrovie di Stato furono prevalentemente ditte straniere come la Longines e la Zenith rinomate per la qualità e l’affidabilità dei loro prodotti. L’orologio ufficiale del personale aveva impresso il marchio delle Ferrovie dello Stato ed il numero di matricola del dipendente assegnatario.
All’avvento del Fascismo si volle “italianizzare” anche l’orologio ufficiale delle Ferrovie.
Un commerciante di orologi meccanici, Alfredo Degli Esposti, rilevò nel 1929 il marchio Perseo da un orologiaio toscano e iniziò la commercializzazione di un orologio che esteriormente era “italico”, ma all’interno aveva meccanismi prodotti da aziende svizzere. La ditta Perseo per molti anni fu la fornitrice ufficiale di orologi da tasca e da polso e diventò leader nel mercato ferroviario italiano.


La “rivoluzione tecnologica” avvenne intorno alla fine dell’ ‘800 con l’avvento della corrente elettrica; alcuni orologi vennero dotati di movimento elettromeccanico e le grandi stazioni come Venezia, Milano, Roma, Torino vennero fornite di un “sistema elettrico a tempo sincronizzato”.
Un orologio centrale o “trasmettitore” inviava impulsi elettrici a tutti gli orologi periferici “ricevitori” posti nelle varie aree della stazione.
Nelle piccole stazioni prive di impianti centralizzati, nei caselli o nei posti lungo la linea non serviti dal segnale orario elettrico continuarono ad esistere per molto tempo le vecchie pendole e gli orologi a carica manuale con molla motrice regolati quotidianamente dal dirigente del traffico per mezzo di dispacci telefonici.

 

Il bisogno di regolare la nostra vita quotidiana secondo un’ora “esatta” e condivisa

L’orientamento temporale, il sapere in che giorno e in quale ora ci troviamo e l’essere coscienti che questo giorno e questa ora sono condivisi da tutti sono basilari per la nostra vita e ci fanno sentire parte di un gruppo .

«La prima cosa che fece il naufrago Robinson Crusoe, appena approdato sull’isola, fu costruirsi un calendario, per sapere quando era domenica e sentirsi idealmente parte di una comunità» osserva in un suo saggio Paolo Spinicci, professore di filosofia teoretica all’Università di Milano.
Ma occorre che giorno e tempo siano universali ossia riconosciuti da tutta la comunità.
Ecco che – quando ancora non c’erano gli orologi personali da taschino o da polso – nacquero gli orologi dei campanili, punti di riferimento per tutti gli abitanti del villaggio; erano orologi meccanici che periodicamente dovevano essere registrati.
A volte si arrivava al paradosso, come nella storiella del cannone e dell’orologio, raccontata dall’astronomo inglese Arthur Eddington nel prologo al suo saggio del 1920 sulla Relatività Generale di Einstein: «L’uomo incaricato del cannone faceva fuoco all’ora indicata dall’orologio del campanile e l’uomo incaricato dell’orologio regolava quest’ultimo in base all’ora fornita dal cannone».

Oggi il tempo da noi usato (“tempo umano”) non è più agganciato al ciclo solare e non ci sono meridiane; a fornirci l’unità di misura standard del tempo è un orologio atomico che in Italia è custodito nei laboratori dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) (il laboratorio nel quale è confluito l’Istituto Galileo Ferraris di Torino). Dal 1967 l’unità di tempo non ha più a che fare con i fenomeni astronomici, ma con quelli atomici: come “pendolo” è stato scelto l’atomo di cesio, che, opportunamente eccitato, compie particolari oscillazioni, tutte della stessa durata. E così, il secondo è stato definito come il tempo che occorre perché si realizzino 9.192.631.770 oscillazioni dell’atomo di cesio (sì proprio così, più di 9 miliardi di oscillazioni).