Ultima visita! Arrivano eccitati. Sono gli ultimi giovani scolari in visita al Museo delle Industrie e del Lavoro Saronnese in una giornata di fine maggio. Adolescenti dagli occhi vivaci: nuove generazioni multietniche, colorate, occhi nerissimi alcuni, altri limpidissimi. Sorrisi sfacciati e timidi al contempo. Sono soprattutto loro che hanno dato un senso alla nostra attività. A tutti noi che abbiamo contribuito a far vivere il museo in quasi trent’anni di attività.
Termino di raccontare ai giovani visitatori adolescenti come sarebbe stata la loro condizione di vita se fossero vissuti fra Ottocento e Novecento. Le giovinette avrebbero fabbricato pizzi e merletti presso la fabbrica dei Torley, gli industriali venuti dal Belgio per produrre passamanerie industriali, oppure sarebbero finite a lavorare sui telai Northrop del cotonificio Poss. Quanti sarebbero finiti nelle fabbriche meccaniche? Prima garzoni, poi operai, a fabbricare locomotive, compressori, armi, cerchioni, casseforti. I più fortunati avrebbero lavorato presso il biscottificio Lazzaroni fra dolci profumi.
Carmine, il decano dei volontari, guida un gruppo di giovani studentesse e studenti alla scoperta del museo. Appare più emozionato di altre volte. Forse, è soltanto una mia suggestione, probabile che sia consapevole che sarà l’ultima volta prima della chiusura. I giovani sono affascinati da Carmine che racconta e descrive gli ingranaggi meccanici, perfettamente efficienti, quasi umani, quando il sistema ferroviario funzionava interamente grazie all’abilità dei suoi addetti. L’automazione ancora agli albori. Come un antico aedo, cantore della tradizione, Carmine sa catturare l’attenzione. Gli è sufficiente avviare la sirena che gli operai addetti alla manutenzione azionavano quando il treno in arrivo li costringeva a interrompere il lavoro.
Prosegue la visita e porta il gruppo davanti a una delle macchine simbolo del museo, un mostro gigantesco, moderno Polifemo, che stampava tessuti dai colori vivaci, venduti in tutto il mondo. Le stoffe della famiglia De Angeli Frua, industriali rinomati e attenti ai loro operai, considerati parte di una famiglia allargata. Quando l’industria funzionava sull’adagio paternalistico. E poi ancora, Carmine conduce per mano i giovani e ne solletica l’immaginazione e l’olfatto, di fronte alle prime macchine per la produzione di biscotti. Infine, mette i giovani di fronte alla modernità, alla conquista dell’etere con le radio Phonola e la comunicazione per immagini, la televisione. Si sofferma sul “Marziano”, il televisore costruito dalla Fimi Phonola nell’anno del primo viaggio spaziale. Orgoglio italiano di tecnica e design. E i giovani si sentono tutti astronauti. Termina di raccontare la civiltà delle macchine ai nipoti della società postindustriale. Un applauso spontaneo e il capannone fino al tetto, da cui penetra luce in abbondanza si riempie di allegria. Carmine si commuove… A tutti, perché si ricordino della visita, offre un biglietto ferroviario, con la data del giorno, obliterato alla vecchia maniera.
Carmine mi guarda con occhi interrogativi. Sa che nelle prossime settimane dovremo imballare tutte le nostre collezioni e metterle in un deposito. Non so cosa rispondergli. So soltanto che lasciamo in eredità una storia che ha avuto un grande valore formativo e educativo per le giovani generazioni, per la città e il territorio.
Posso solo dire che siamo all’interno di una rete di processi che non possono essere fermati. Se le forze vive della città, le sue istituzioni, le donne e gli uomini che credono nella comunità, nel valore del lavoro si uniscono possono però contribuire a rigenerare una esperienza che ha rappresentato un valore aggiunto per tutti e farla rinascere in breve tempo.
Giuseppe Nigro
Direttore Mils
Saronno, 24 giugno 2025