La storia delle radio

Dalle radio a galena dei primi anni del Novecento alla web radio di oggi… un appassionante viaggio tra tecnologia e design industriale

Nel 2018 la famiglia di un collezionista, il Prof. Domenico Cutrupi di Novara, ha donato al MILS una preziosa collezione di radio d’epoca. La collezione – ospitata in un suggestivo contesto, quello di una vecchia carrozza delle Ferrovie Nord – consente di fare un’interessante viaggio nella storia degli apparecchi radio tra tecnologia e design.


Nel 1915 arriva la radio a galena

I primi apparecchi radio sono autocostruiti  e usano un rivelatore a cristallo di galena; non c’è l’altoparlante e per l’ascolto si usa una cuffia consentendo così un ascolto solo individuale.

L’apparecchio non ha bisogno di batterie o altra fonte di energia; sono le stesse onde elettromagnetiche – ricevute grazie a un’ antenna esterna. – che forniscono l’energia necessaria al funzionamento.

Proprio perché non aveva bisogno di elettricità la radio a galena fu spesso usata dai partigiani durante la 2^ Guerra Mondiale quando erano nascosti tra le montagne; con essa ascoltavano ad esempio gli annunci di Radio Londra.


Nel 1922 arriva l’altoparlante (anzi l’ «altisonante»); consente un «uso collettivo» della radio che così diventa un mezzo di comunicazione di massa

L’apparecchio radio è ancora un mix di componenti alcuni in un contenitore di legno o di metallo e tanti altri esterni e collegati con un groviglio di fili.

Esterni sono ad esempio l’altoparlante e l’antenna.

Uno dei primi apparecchi radio – prodotto nel 1925 a Philadelphia negli Stati Uniti – fu il modello Atwater Kent 20 c; l’altoparlante era a «collo di cigno»; il contenitore era in legno e metallo.


Arthur Atwater Kent fu uno strano personaggio

La sua azienda tra il 1923 e il 1927 divenne leader nel settore e produsse più di 1 milione di apparecchi radio.

Nel 1936  Arthur Atwater Kent – stanco di combattere ogni giorno con la concorrenza – decise di chiudere tutto e ritirarsi a Hollywood a godersi le ricchezze accumulate.

 

Negli anni ’20 l’altoparlante era a «collo di cigno» o a «cono vibrante»

Un esempio di altoparlante a «collo di cigno» è quello della radio della RCA modello Radiola 18 del 1927.

Il mobile è a forma di «cassapanca» ed è in mogano.

L’altoparlante a «cono vibrante» lo troviamo invece in tre modelli della Philips, il mod. 2514 del 1928. il mod. 2511 del 1929 e il mod. 2531 del 1930.

L’altoparlante del mod. 2514 era detto a «piatto da barbiere» o a «disco volante».

I modelli della Philips sono interessanti anche perché i contenitori sono fatti in metallo verniciato ma con alcune parti in cartone pressato «bachelizzato» che la Philips chiamava «philite», un materiale lucidissimo e inalterabile nel tempo. E’ la prima volta che appare negli apparecchi radio.

Nella radio le varie stazioni venivano selezionate con la scala di sintonia. Fino alla prima metà degi anni ‘30 la scala era di tipo numerico («scala numerica»). La scala riportava cioé dei numeri che servivano come riferimento di massima: si sapeva per esempio che nella propria zona la stazione locale si riceveva attorno al numero 80, e non interessava sapere niente di lunghezze d’onda e frequenze.

Un esempio di scala numerica è chiaramente visibile nel modello Philips 2531 (Riferimento R4c)

Qualche costruttore cercò di rendere semplice la memorizzazione delle posizioni d’ascolto fornendo all’utente un libretto in cui era possibile annotare, per ogni stazione ricevuta, la posizione delle varie regolazioni.

 

Agli inizi degli anni ‘30 l’altoparlante fu «miniaturizzato» e tutti i componenti trovarono sede in un unico contenitore…. La radio diventò un «oggetto di arredamento»

Il mobile era in legno di noce e assunse una forma «a consolle» con uno sviluppo verticale. Un esempio è l’apparecchio Radiomarelli Aedo del 1933 con antine.

Il modello Aedo utilizza il circuito supereterodina per la sintonizzazione che – comparso già negli anni ‘20 – permise di fare la taratura della scala di sintonia in lunghezze d’onda e non più in semplici numeri.

Si diffusero anche le radio  «a cattedrale» o «a cupola». Esempi sono due modelli prodotti entrambi in USA:  l’apparecchio radio Ecophone S5 del 1930 e l’apparecchio radio Clarion junior AC40 del 1931.

In quest’ultimo modello è interessante il disegno della griglia che rappresenta una campana, un clarion appunto.

A partire dalla metà degli anni ‘30 il design delle radio diventò più sobrio; i mobili erano parallelepipedi a sviluppo prevalentemente verticale.

Il materiale prevalente fu ancora il legno: noce o palissandro.

 

La Philips continua a usare – anche se parzialmente –  la bachelite.

Un esempio è il modello Philips 727 A (1937) con mobile in bachelite in stile art deco con una linea semplice e pulita

Un altro interessante modello è il Radiomarelli Auxum del 1937. Il nome richiama l’obelisco di Auxum, città dell’Etiopia settentrionale; l’obelisco fu trafugato dal regime fascista e portato a Roma dove fu installato in piazza Capena. Nel 2005 fu restituito al governo etiope.

 

Dal 1935 la scala per la sintonia da quella «numerica» passa a quella «parlante»; diventa cioé «esplicita», non riporta numeri ma direttamente i nomi delle varie stazioni radio

Troviamo esempi di scale parlanti nei modelli Radiomarelli Faltusa  e Faltusa «il Lusso» del 1935. La scala ha forma circolare; è stampata su seta e nascosta dietro una seconda seta. Quando la radio è spenta si vede solo l’emblema centrale della Radiomarelli; all’accensione le due stoffe  retroilluminate danno una visione molto suggestiva delle diciture delle varie stazioni.

Nella seconda metà degli anni ‘30 per diffondere in Italia  l’uso della radio il regime fascista emanò un bando fra i costruttori per la realizzazione di una radio avente un prezzo accessibile anche ai ceti meno abbienti, la Radio Balilla.

Un esempio è la Radiobalilla della CGE del 1937 con mobile in legno e metallo..

La radio in Italia diventava un potente strumento di propaganda politica. Con lo stesso obiettivo furono lanciate la Radio Rurale e la Radio Roma.

 

A partire dagli inizi degli anni ‘40 lo sviluppo del  mobile da verticale diviene orizzontale con spigoli arrotondati; le linee diventano più sobrie e vengono abbandonati i preziosismi di ebanisteria.

Un interessante esempio è il modello Ovetto della Savignano prodotto nel 1940; il mobile è in legno impiallacciato in noce.

Altri interessanti esempi di radio a sviluppo orizzontale sono:

  • Allocchio Bacchini mod. 514 in legno del 1944
  • Ducati RR2051 in legno del 1948
  • Phonola 5531 con mobile in legno e plastica del 1951

 

Fin dagli inizi degli anni ‘50 la bakelite si diffuse con successo come materiale per i contenitori delle radio

Insieme alla bakelite, già negli anni ‘30 erano cominciate ad apparire alcune materie plastiche come la caseina formaldeide o galatite e le resine ureiche.

Questi materiali si potevano stampare facilmente e permettevano di realizzare forme nuove, inusuali.

Fu soprattutto la bakelite ad affermarsi per la sua robustezza e inalterabilità.

Il nome bakelite è legato a Leo Baekeland che fu il primo a sintetizzare la bakelite nel 1907 . La produzione industriale prese avvio negli Stati Uniti e nel Regno Unito negli anni ‘20  e venne diffusamente utilizzata almeno fino agli anni 1950.

In Italia uno dei primi modelli in bakelite fu l’apparecchio radio Phonola 573 del 1945-46. E’ un modello con design innovativo disegnato dai fratelli Pier Giacomo e Livio Castiglioni e dall’architetto Caccia Dominioni.

 

Altri esempi di radio in bakelite sono:

  • I modelli Philips BI 281 U del 1949 e Philips BI 191 U prodotti nel 1951 e 1953 con effetti di noce radica ,
  • Il modello Phonola 577 E del 1951

Grazie alle materie plastiche nacquero i «modelli mignon» per la cucina e da tenere sul comodino

Esempi di radio di piccole dimensioni «da comodino» in bakelite sono quelli della serie Radiomarelli  FIDO prodotti dal 1938 al 1957.

 

Interessanti anche i modelli  della CGE con mobile in plastica

  • Radiogioiellino con mobile in plastica del 1954
  • Radioletta anch’esso da comodino del 1955 con mobile in legno e frontale in plastica.

 

Dopo la lunga crisi del dopoguerra, nella seconda metà degli anni ‘50 ci fu una ripresa  del mercato grazie anche all’introduzione della modulazione di frequenza che consentiva una ricezione «più pulita» perché insensibile ai disturbi elettrici.

Fra i primi modelli con modulazione di frequenza ci fu la Radiettina della CGE del 1956 e sempre della CGE la Superradietta del 1957.

 

Nel 1954 arrivarono le radio a transistor

Il primo modello fu prodotto negli Stati Uniti; fu la Regency Tr-1, lanciata dalla Texas nel 1954 al prezzo di  50 dollari.

Purtroppo nelle radio a transistor tutto ciò che si guadagnava in termini di ingombri e pesi si perdeva in termini di qualità del suono, a causa delle dimensioni ridotte dell’ altoparlante.

Subito dopo la Sony introdusse i suoi modelli: nel 1955 il modello Sony TR55 e nel 1957 il Sony TR63.  In realtà Sony fu il marchio con cui fu introdotta la radio; l’azienda infatti si chiamava Tokyo Tsushin Kogyo K. K., conosciuta anche con il nome di Totsuko.

Grazie al grande successo in tutto il mondo di queste due radio, nel 1958 la Totsuko cambiò il proprio nome in Sony Corporation.

 

Nella seconda metà degli anni ’60 – nonostante la penetrazione inarrestabile del transistor – c’era ancora qualche azienda che cercava di miniaturizzare i circuiti a valvole;  un esempio è rappresentato dalla radio Phonolino De Luxe del 1966 prodotto dalla FIMI Phonola.

 

Nel 1992 nacque la radio via Internet (la web radio)

L’idea fu di un geniale professore trentatreenne del Massachusetts Institute of Technology, Carl Malamud.

L’avvento delle prime web radio in Italia è datato tra il 1997 e il 1998.

Quasi tutte le emittenti (la RAI e quelle private) offrono in web radio sia programmi registrati in podcast che live.

 

Nel 1995 nacque la trasmissione in codifica digitale, il Digital Audio Broadcasting (DAB)  e  nel 2007 – per migliorare ulteriormente il segnale digitale – fu introdotto lo standard DAB plus.

 il DAB plus è arricchito dalla possibilità di trasmettere immagini, ampliando i contenuti informativi.

Naturalmente per visualizzare i contenuti digitali il ricevitore radio deve essere dotato di un display.