Abbiamo ricevuto  una foto d’epoca che ritrae una “galetera”; forse si tratta di quella che si trovava in via Parini nelle vicinanze dell’Ufficio Postale di via Manzoni.  Chiariamo subito che la “galeta” era il nome dialettale del bozzolo del baco da seta e le “galetere” erano magazzini per bozzoli; furono introdotte nel XVII  sec. in Piemonte nelle filande ed erano locali annessi ai luoghi di produzione.
Abbiamo chiesto a un esperto, il dr. Fabio Crippa, Direttore del Civico Museo della Seta Abegg di Garlate che ringraziamo per la collaborazione, di aiutarci a interpretare questa foto.
La foto – ci ha scritto il dr. Crippa – ritrae un rivenditore di bozzoli che con questa immagine vuole mettere in rilievo la struttura della sua azienda.
La foto è scattata esattamente sotto il telaio in legno: si osservano due robusti montanti agli estremi e una traversa pure di legno con puntelli angolari. Il telaio sosteneva una grande stadera in lamiera in grado di pesare da due fino a tre quintali di bozzoli in grandi “bisacche”. L’asta graduata della bilancia e i due tiranti di sostegno appaiono al centro della foto tra le teste delle due donne che si trovano disposte più in alto nel gruppo. Dietro la struttura della stadera sono visibili sacchi accatastati e “bisacche” piene di bozzoli ammucchiati nella “galetera”.
La “galetera” non è quella di un’azienda produttrice ma piuttosto di un venditore di bozzoli.
Con l’evolversi della gelsibachicoltura comparve anche la figura del mercante di bozzoli. Per secoli in Lombardia, fino a tutto il Novecento, si possono trovare mercati di bozzoli gestiti localmente da contadini o piccoli proprietari. Nel Saronnese i mercati di bozzoli furono presenti fino ai primi anni della seconda guerra mondiale, cioè fino a quando non entrò in crisi la gelsibachicoltura locale. Da questi mercati diffusi nelle campagne, mercanti e filandieri compravano bozzoli verso fine primavera.
Nella fotografia in questione, il proprietario è ben visibile al centro.
E’ circondato quasi solo da donne e la scena è esaltata da alcune di esse che vestono brillanti abiti di seta. Non è da escludere possa trattarsi della moglie, delle figlie del proprietario che esibiscono i loro abiti migliori.  Una presentazione suggestiva e dal significato chiarissimo sull’attività del proprietario; una forma di marketing, si direbbe oggi, che valorizza le lavoratrici e l’esito finale della loro attività, cioè gli abiti di seta.
L’ultima pennellata alla scena è il cestone ovale posto in primo piano, internamente ricoperto di tessuto, tipico all’epoca per i bozzoli e le matasse. Il cesto è pieno di bozzoli visibilmente differenti. Questo modo di presentare il prodotto non sarebbe mai accaduto in una filanda dove la omogeneità della seta, quindi dei bozzoli, è essenziale.
Un rivenditore invece mostra valori e possibilità differenti del suo prodotto, volutamente, attraverso bozzoli di diverse tipologie che rimandavano anche a costi differenti. Si potrebbe dire che siamo di fronte ad una fotografia che ha intenti pubblicitari.
Per quanto riguarda la datazione della fotografia, gli abiti delle donne e degli uomini, l’ambiente, in particolare la struttura del pavimento in cemento, visibilmente rullato con cilindri  di bronzo o acciaio, portano a ipotizzare che si tratti di un’immagine relativa ai primi decenni del Novecento. Probabilmente uno scatto da collocarsi fra il 1920 – 1930.
A questo punto lanciamo un appello a voi per avere maggiori notizie su questa “galetera” di Saronno o addirittura per individuare alcune delle persone ritratte nella foto. Scriveteci a milsmuseo@gmail.com